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A Maggio tutti a Cordoba, gioiello andaluso.

Siete indecisi su quale meta scegliere per un bel week end lungo di Maggio? Ma Cordoba naturalmente!
Forse non tutti sanno che questo è il mese in cui il gioiello dell’Andalusia vive il suo momento migliore. Il clima non è ancora troppo caldo (qui in estate  la temperatura supera spesso i 40°!) e un fitto calendario di eventi anima ogni anno la città che fa da splendido scenario ad una successione di feste popolari ineguagliabili….ottima scusa per venire a scoprire cosa ha da offrire la città più araba d’Andalusia.

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Vista sul Ponte Romano dalla Torre de la Cahorra

Splendida regione l’Andalusia. L’ho attraversata in macchina in lungo e in largo durante l’estate del 2009. Come dico sempre, per me un viaggio è il trionfo dei 5 sensi, e diventa indimenticabile quando queste impressioni sensoriali contrastano tra loro. La convivenza armoniosa di suoni, colori, sapori, odori e tradizioni in Andalusia regna inconfondibile  in un elegante e pacifico connubio di delicati opposti. Un’alternante mix di passato e presente.
Cadice, la città più antica d’Europa, ma anche le gettonate metropoli della costa del Sol. Le strette stradine dei piccoli capoluoghi andalusi e i grandi spazi dei parchi protetti e delle spiagge attorno a Tarifa. La Spagna più vera e poi, poco più in là, la “solitaria” Gibilterra e le sue insegne anglosassoni. Le splendide ricchezze medievali e l’arte contemporanea di Picasso. Tornerò a scrivere di questa regione ma questo post è solo per lei, la regina di Maggio!

Se riuscite a programmare il vostro viaggio proprio in questo mese tenete bene a mente il suo ricco calendario di eventi:
Las Cruces. La Festa delle Croci. Tra fine Aprile ed inizio Maggio ogni anno Cordoba saluta la Primavera con enormi e coloratissime croci di fiori che svettano in tutti i vicoli e le piazze della città. A volte sono decorate anche dai tipici “Mantones de Manila“, scialli multicolori della cultura popolare cittadina. Passeggiare per le vie di San Basilio, San Andrés, Santa Marina e San Agustín regala un’ immagine unica di Cordoba in questo periodo dell’anno.
Los Patios. La Festa dei Patios.  Proclamata dall’UNESCO Patrimonio Immateriale dell’Umanità,  si svolge per tutta la prima metà di maggio e regala ai visitatori la possibilità di godere della bellezza dei tipici patios andalusi. Circa 40 patios aprono le loro porte ai curiosi che arrivano qui provvisti di una vera e propria mappa reperibile negli uffici del turismo, negli hotel e negli stessi patios. Ogni cortile (patio) viene decorato con i fiori più belli e, al suono del flamenco e sotto l’ombra degli aranci, si disputa una gara per decretare il più bello! Si rinnova ogni anno nel migliore dei modi l’ antica tradizione di adornare i balconi con bellissimi e profumatissimi fiori.
Cata del Vino. Degustazione di Vini. Per qualche giorno a Maggio tutti i produttori portano i loro vini in Avenida de America.  Occasione imperdibile per gustare le tapas accompagnate dai migliori vini della provincia.
Feria. Tutti gli anni a fine maggio per una settimana, a chiusura dei festeggiamenti dell’intero mese, si celebra la festa in onore della Nuestra Senora de la Salud, patrona della città. Scenario consolidato di questa festa è l’Arenal. L’ingresso ai padiglioni è libero e i colori dei vestiti tradizionali, le corride e la musica richiamano tantissimi visitatori da ogni parte della Spagna e del mondo!

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Non c’è angolo di Cordoba che non meriti una sosta e che non richiami il fascino incantato di un passato arabo che oggi affiora nella sua cucina speziata, nei suoi più imponenti monumenti, persino nei volti dei suoi abitanti e nei cortili dei suoi palazzi che molte volte mi sono tornati alla mente vagando nelle stradine della Medina di Marrakech. Tra le 3 “grandi” città della Regione (insieme a Siviglia e Granada), resta per me quella più affascinante e suggestiva.  Adagiata su un’ansa del Guadalquivir, è una piccola città dalla grande storia e un capolavoro architettonico di commistione di stili che raggiunge il suo culmine nella meravigliosa Mezquita!
La lunga dominazione araba ha lasciato la sua suggestiva impronta un po’ ovunque ma fondendosi armonicamente con la cultura ebraica e cattolica dando così vita ad una quanto mai eccezionale espressione di tolleranza che ancora oggi si respira durante tutta la sua visita.
La Juderia, il  quartiere ebraico medievale che si snoda attorno alla grande Moschea, è forse la parte più bella di Cordoba (non so voi ma io trovo irresistibili i quartieri ebraici delle città del mondo perché spesso sono quelli che conservano le peculiarità più suggestive). Sembra un villaggio a se stante fatto di stradine strette e tortuose e facciate bianchissime. Tutto il centro storico lo si gira a piedi e su tutto domina indiscussa la Mezquita. Visitarla lascia senza fiato (e non esagero!). L’espressione più alta dell’architettura islamica in occidente risale al 785 e fu eretta sul sito occupato da una chiesa visigota. Nel corso dei secoli è stata arricchita ed ampliata fino ad occupare un’area complessiva di quasi 23.000 metri quadrati!

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Mezquita

La sua straordinaria bellezza non risiede solo nei suoi lucenti mosaici dorati e nelle file di archi bianchi e rossi che sembrano ripetersi all’infinito illuminate dal pallido bagliore della luce naturale che penetra dagli ampi finestroni, ma anche e soprattutto nell’inserimento insolito di una cattedrale cristiana, costruita al centro dell’edificio, avvenuta nel XVI secolo. Entrate dalla Puerta del Perdon su Calle Cardenal Herrero e osservate accanto ad essa una torre eretta nel XVI secolo sui resti dell’antico Minareto. Attraversate il cortile degli Aranci, dove un tempo avvenivano le abluzioni rituali che precedono la preghiera e, una volta entrati, ammirate il Mihrab. Qui la foresta di colonne ed archi delle navate islamiche diventa più imponente ed elaborata perché era proprio in questo punto che si trovava la Maksura, il luogo di preghiera dei califfi. Il portale del Mihrab è di rara bellezza. Realizzato con oltre 1500 kg di tessere d’oro che fanno sì che questa parte della Moschea-Cattedrale ricordi anche gli sfarzi di una chiesa bizantina! Mi torna alla memoria in modo vivido lo stupore provato mentre attraversavo questo capolavoro. Sono rimasta molto tempo al suo interno rapita dall’eleganza e dalla raffinatezza del susseguirsi delle colonne (con occhio attento noterete anche voi che alcune sono inclinate per via del forte terremoto di Lisbona che arrivò fin qui!). Ho lasciato più e più volte vagare lo sguardo sulle prospettive, abbandonandomi ad una permeante sensazione d’infinito che conquista e ammalia il visitatore.

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Mezquita
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Mezquita – perimetro esterno delle mura
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Mesquita – Mihrab

Con gli anni ho finito per associare Cordoba quasi esclusivamente alla Mezquita, tanto mi conquistò la sua bellezza, ma oggi, mentre scrivo questo post, mi tornano in mente tanti altri suoi tesori. Ricordo la lunga passeggiata sotto il sole caldissimo di Agosto alle 2 del pomeriggio alla ricerca di un gioiello in filigrana d’argento (la lavorazione dei gioielli è senza dubbio la tradizione più famosa di Cordoba ed una delle principali attività economiche della città. Usando tecniche molto raffinate qui si producono gioielli in filigrana con disegni che ricordano il pizzo). Per caso  giunsi a scoprire il mercatino municipale dell’artigianato, Zoco de Artisania, con un ampio patio su cui si affacciano diversi negozi-laboratorio di piccoli artigiani. Ricordo la “caccia” alla stradina più piccola della città, nota con il nome di Calleja del Panuelo, così stretta che deve proprio il suo nome al fatto di non superare la larghezza di un fazzoletto (in spagnolo panuelo) e alla Calle de las Flores, non lontana dalla Mezquita, tutta ornata di vasi colmi di fiori e piante, perfetta per foto da cartolina!

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Cortile del mercatino artigianale Zoco
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Alcazar de los Reyes Cristianos _ Giardini

Mi torna in mente la sosta in uno dei tanti bar ricavati proprio attorno alle fontane dei patios dei palazzi, coloratissimi e profumatissimi. Rivivo l’emozione della mattinata trascorsa passeggiando nei bellissimi giardini dell’ Alcazar de los Reyes Cristianos. Questo antico palazzo che domina il Guadalquivir, fu per oltre 300 anni la sede dell’inquisizione spagnola. Un edificio che ancora una volta mostra le diverse facce di questa città: un struttura moresca, circondata da giardini con fontane zampillanti, che al suo interno custodisce mosaici romani dei tempi di Augusto e che fu utilizzata per ricevere i sovrani fedeli alla chiesa cattolica! Dai suoi bastioni una splendida vista sul ponte romano difeso dall’imponente torre merlata costruita dai mori e chiamata Torre della Calahorra.

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Patio di un bar

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Proprio a Cordoba mi sono anche concessa il piacere di assistere al mio primo e unico spettacolo di Flamenco, in una cornice d’eccezione: il Tablao Cardenal. Di fronte alla Mezquita, cercatelo e acquistate un biglietto per godervi, sorseggiando un buon bicchiere di sangria, l’eleganza e la sensualità dei rinomati artisti che d’estate si esibiscono nel suo grande patio.

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Tablao Cardenal _ spettacolo di Flamenco

Per dormire respirando la storia antica della città, vi consiglio vivamente l’hotel con patio molto caratteristico Hacienda Posada de Vallina. La scelta mi ha permesso di godere non solo della fantastica ubicazione vicinissima alla Moschea, ma anche di una atmosfera elegante e rilassata di cui si racconta abbia beneficiato anche Cristoforo Colombo che dormì proprio qui nella stanza numero 204!  😉

Non vi resta che fare le valige e partire alla volta di questo gioiello andaluso che vi assicuro vi resterà davvero nel cuore.

Matera, una città sottosopra per un viaggio al centro della terra.

Da sempre le grotte esercitano su di me un fascino particolare.
Da bambina, quando curiosa e un po’ intimorita ascoltavo le storie fantastiche di streghe, folletti, maghi e draghi, mi sembrava di percorrere davvero i corridoi sotterranei delle loro dimore fantastiche che spesso celavano arcani segreti.
In età adulta quell’aura di mistero attorno alle grotte, il brivido della leggenda e il valore simbolico del mito, si sono poi mescolati con la storia, con le reali testimonianze giunte fino a noi della presenza di antiche civiltà che proprio nel cuore della terra hanno trovato il giusto riparo per sopravvivere alle difficoltà della vita, o un luogo sicuro per poter praticare in segreto i propri culti.

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Le grotte, considerate in passato anticamera misteriosa di un mondo sotterraneo carico di simbolismo, raccontano chi siamo e da dove veniamo e, con le loro pitture rupestri e graffiti, ci tramandano  usanze e costumi di epoche lontane.

Il nostro Bel Paese può vantare di ospitare, tra i suoi tanti tesori, un luogo, Matera, che è sorto e si è sviluppato proprio su queste antiche cavità, iscritte nella lista dei patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO dal 1993.

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La città di pietra, centro storico di Matera scavato a ridosso di un burrone (Parco Regionale Archeologico delle Chiese Rupestri del Materano, dove scorre il Torrente Gravina di Matera), è stata abitata fin dalla preistoria e ogni apertura scavata nella roccia costituisce un esempio eccezionale di utilizzo della natura per la sopravvivenza dal paleolitico all’età moderna.

Sono arrivata qui dopo circa un’ora di macchina da Bari che, per chi come me parte da Milano, vista la presenza del suo comodo aeroporto, può essere un buon punto di arrivo da cui poi potersi mettere in marcia per raggiungere il paese.

Il panorama si mostra alla vista piano piano e appena l’occhio può godere di una più ampia prospettiva sulla città e la scarpata sottostante, l’immagine che si ha di fronte sembra rievocare la descrizione di Dante dei gironi dell’Inferno dove ritrovò se stesso!

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Arrivai a Matera verso le undici del mattino. Avevo letto nella guida che è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c’è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche [cioè scavate nella roccia]. Allontanatami un poco dalla stazione, arrivai a una strada, che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante, in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto. Alzando gli occhi vidi finalmente apparire, come un muro obliquo, tutta Matera. È davvero una città bellissima, pittoresca e impressionante“.

Carlo Levi ce la descrive così, per mezzo della voce narrante della sorella, in “Cristo si è fermato ad Eboli” ed è proprio così che mi è apparsa in tutto il suo fascino mistico!

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Prima di arrivare, contrariamente a come sono solita fare, non ho letto guide turistiche o racconti di viaggiatori. Volevo preservarmi il gusto della sorpresa, lasciare che passeggiando senza meta, la città si svelasse a me piano piano e mi impressionasse senza il “filtro dei ricordi altrui” letti qua e là nel web e senza il condizionamento inconscio che una guida può esercitare con il suo elenco di luoghi da vedere e itinerari da seguire.

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Scrivo così questo articolo piuttosto di getto, limitandomi a tirare fuori dal cuore le emozioni che questa città mi ha lasciato, senza la pretesa e il bisogno di convincervi che questo luogo vi sbalordirà ma, con la certezza che saprà imprimersi nella vostra memoria in maniera indelebile, che siate avventori alla ricerca di relax e buon cibo, o visitatori affamati di vedere e toccare con mano la storia dell’umanità.
Non voglio elencarvi quello che ogni turista “deve vedere” ma suggerirvi di percorrere le sue strade curiosi ed attenti, e di non andarvene senza essere entrati almeno in una delle tante Chiese Rupestri; di non lasciare che la corsa delle lancette dell’orologio vi impedisca di andare anche al di là della scarpata per osservare dal ciglio del dirupo antistante dominato da tre croci – ricordo del set del film di Mel Gibson “La Passione di Cristo“-  come questo lembo di terra rosa-grigio biancastro, visto da lontano, appaia come una città sottosopra dove il cielo e le stelle si possono vedere”al di sotto dei piedi degli uomini”.

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Visitare Matera mi ha lasciato il segno. Immaginare  la vita svolgersi attorno e dentro la pietra nuda così come accadeva fino agli anni 50 del ‘900, è stato per me anche più semplice vista la scelta fatta di dormire in una delle strutture che, grazie  all’intraprendenza di giovani imprenditori,  offrono oggi la possibilità di dormire nella antiche grotte recuperate e trasformate in uniche e suggestive camere d’albergo!
E’ questo il caso di Sextantio Grotte della Civita, hotel di lusso noto in tutto il mondo dove suggerisco di trascorrere una notte almeno una volta nella vita :-).
Tutto è stato volutamente predisposto affinché gli ospiti, soggiornando qui, possano respirare e vivere la vera Matera.
Stanze-grotta con arredi d’epoca illuminate dalla luce soffusa delle candele, antichi portali in legno sistemati per fungere da porte d’ingresso, bagni ricavati all’interno di grotte più piccole e vasche a vista che regalano, al momento del risveglio, la piacevole sensazione di avere appena scoperto di aver trascorso la notte in una vera grotta!

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Per chi mi segue da un po’, come in ogni mio articolo, anche per Matera voglio lasciare due utili indirizzi affinché la delizia per gli occhi si accompagni anche a quella per il palato: ristorante Baccanti e ristorante Francesca.
Cene squisite nel cuore dei Sassi dove per la prima volta in vita mia ho potuto assaggiare i deliziosi peperoni cruschi della Basilicata (qui si mangiano croccanti interi o grattati sulla pasta come il formaggio).

Per chi volesse tornare a casa portando con sé oltre ai ricordi di questo luogo senza tempo anche un souvenir,  può fare una sosta dal simpatico signor Nisio Lopergolo, nel Sasso Barisano.
Nella sua “bottega” artigiana potrete divertirvi a chiedere il significato storico-simbolico di tutti gli oggetti esposti e sapientemente forgiati dalle mani di Lopergolo….per scoprire così il segreto di una “Coppa di Pitagora” che, se riempita di vino oltre una certa soglia, si svuota per “punire” l’ingordigia del povero malcapitato bevitore :-).

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Ho salutato Matera ripensando a come i suoi Sassi vennero definiti nel secondo dopoguerra: “Vergogna Nazionale”  per le scarse condizioni igienico-sanitarie delle case-grotta e il loro sovraffollamento. Ho ripensato a come, seppur così vicini, quei tempi siano sufficientemente lontani da lasciare che il degrado e la rovina restino un ricordo ormai sfocato del passato di questi rioni pietrosi così ricchi di storia al confine tra Puglia e Basilicata.

 

 

 

La mia Venezia

Davide ormai è di casa sul mio blog così quanto lo è nella sua amata Venezia.
Anche questa volta riesce a catapultarci lì con lui e a questo punto la prossima volta che andrò nella Serenissima gli chiederò di farmi da Cicerone 😉
Le foto sono quelle del mio ultimo viaggio in questa meravigliosa città.
Buona lettura per sentirci un po’ veneziani anche noi…
Grazie Davide!

DSC_0335Venezia bene o male la conoscono tutti ma la gran parte a mio parere la conosce più male che bene, giacché la nota “serenissima”, famosa ed apprezzata in tutto il mondo, non si riduce certo ai soliti luoghi di meta del turismo di massa, e nonostante sia tutto sommato abbastanza piccola ed ancora (fortuna vuole) abbastanza uniforme nelle sue magiche strutture, è città molto diversa a seconda non solo dei suoi sei storici sestieri ma anche di quei suoi veri e propri micro-quartieri che si annidano nei detti sestieri.
Non a caso tra gli abitanti doc di Venezia chi bazzica un sestiero raramente mostra particolare interesse per gli altri, e così nascono e crescono per affetto frammisto ad abitudine i fans del proprio sestiere quasi peggio che a Pisa, e chi ama i sestieri più vissuti e nascosti come Castello o Canareggio guarderà con malcelato snobismo ai più rutilanti e colorati San Marco e Dorsoduro, cosiccome nel suo bel mezzo del serpentone che avvolge la città i “signori” di Santa Croce (il sestiere più chic) guardano con un certo fastidio al troppo frequentato confinante San Polo. Insomma dove vivi stai, i veneziani si sa non sono grandi scopritori di novità, e così io, che 13 anni fa ebbi la grande fortuna di aggiudicarmi un buchetto carino a Castello, ho finito con l’adeguarmi agli usi della città e quindi oggi per me Venezia è Castello, anzi dirò di più, per me Venezia è la vita di quartiere che faccio nel sestiere, e il mio quartiere è quello del quadrilatero che inizia appena dopo il campo San Bartolomeo (San Bortolo per i veneziani) dietro il ponte di Rialto all’altezza del ponte delle paste in San Lio e si chiude al campo dell’ospedale della chiesa dei santi Giovanni e Paolo al confine con Canareggio.

Quando arrivo mi installo qui e vivo come se fossi nel mio quartiere, qui c’è tutto e ci sto bene un po’ come a casa mia.
Al ponte della paste vado a trovare la bella signora bionda della omonima pasticceria specializzata in vaschette di crema, che è sempre abbronzata perché nel pomeriggio va da una amica con giardino, ed ha un figlio ormai grande che da anni studia a Milano ma ama tanto d’estate andare negli USA.
Un metro più avanti c’è il mitico e defilato Portego, uno dei più suggestivi “bacari” veneziani dove il nuovo cuoco è un genio specializzato in primi, e ogni volta che mi presento da solo mi da subito una birretta alla spina e quindi mi piazza sulla botte di entrata che siccome è la più scomoda non la vuole nessuno, e mi fa assaggiare la sua ennesima nuova creazione non prima di avermi placato con i suoi mitici cuori tondi di carciofo che da nessun’ altra parte del mondo puoi trovare così buoni e alla fine pago i soliti 15 euri dopo avere visto scene di vita veneziana giacchè il bacaro è il ritrovo di quelli che vanno a bere la mitica “ombra de vin” che in realtà significa che dopo 4 o 5 bicchieri di rosso sono tutti ubriachi e fanno un casino di inferno nella corte appena fuori dall’ entrata vicino al cesso, giovani e vecchi.
Dopo san lio, superato lo stupendo arco del paradiso del XIV secolo arriva il campo Formosa dove c’è il baracchino dello spriz più buono di Venezia ossia lo Zanzibar dove ormai appena mi siedo al primo tavolino libero del campo senza chiedermi nulla mi portano lo spriz all’aperol con due patatine rancide in croce al misero prezzo di 2 euro e 50 ma sono seduto davanti ad una vista magnifica e prima delle 10 di mattina il caffè me lo lasciano portare da me senza menate di servizio e sovraprezzi, poi meglio di no sennò vedono i turisti a cui il sovraprezzo lo chiedono eccome…
Nella calle longa ci sono i miei due amici ossia i due fantastici fratelli che vivono alle fondamenta nuove (nove per loro) e che qui gestiscono edicola, tabacchi e internet point e che soprattutto mi tengono da anni le chiavi di riserva per ogni evenienza, insomma la tabaccheria di calle longa è un po’ la mia dependance.
Ormai poi Formosa è diventato un must, ora infatti non c’è più solo la Fondazione Querini con il celebre giardino di Scarpa ma ha finalmente riaperto anche il mitico Palazzo Grimani di rugaciuffa forse uno dei più bei palazzi di Venezia, peccato abbiano già chiuso l’annesso bar interno del cortile che era gestito da un toscano, ottimo per arrivarci giusto giusto prima di fare il ciclico salto alla fondamentale lavanderia a gettone di rugaciuffa dove il proprietario mi fa lo “sconto Venezia” da quando assistette divertito a me che ricevevo (ovviamente rifiutando) la mancia da due anziani signori canadesi cui avevo spiegato il funzionamento dell’essiccatore.

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Notarsi che il giorno dopo quella impresa avrei invece occupato in pieno giorno l’ intera calle con la mia amica Renata nel goffo tentativo di asciugare a mano al sole quelle maledette lenzuola matrimoniali che sull’onda dell’entusiasmo per quanto avvenuto il giorno precedente avevo inopinatamente deciso di lavare senza prima sincerarmi del corretto funzionamento appunto di detto essiccatore.
Però da quel giorno mi sorride sempre ogni volta che mi vede anche la ex burbera fruttivendola che finisce ogni volta preda delle inarrestabili macchine fotografiche dei japan ammirate dal suo banchetto colorato pieno di frutta semplicemente appoggiato al palazzo patrizio.
Al mattino di solito quando mi alzo vado a fare colazione dalla mia adorata signora Didovich, titolare della migliore pasticceria di venezia sita in campo santa marina, la Signora (la chiamano come Gertrude alias la monaca di Monza) vive al lido perché è più secco e più comodo, dice, ma da numerose generazioni gestisce quel locale, mi ama molto da quando ci siamo conosciuti anni fa ed ogni volta che vado insiste per offrirmi le sue paste e il cappuccio e siccome mi secca scroccare sempre, cerco almeno la mattina di andarci prima che la signora arrivi, ossia prima delle 10.
Preso il giornale dai fratelli di calle longa mi assiedo al bar dell’orologio del campo Formosa fronte alla chiesa (dove il parroco persona tutta speciale fa cantare gruppi etnici di ragazzi di tutte le provenienze, altro che benetton) che è il regno di una signora settantenne strepitosa che dopo avermi salutato con un ormai divenuto sintomo di raggiunta confidenzialità (questa è l’interpretazione che do io ovviamente, perché… l’altra mi piace meno) “ciao vecio”, mi regala ogni volta detti veneziani da brivido che poi molto spesso mi dimentico e che non ha mai perso il suo mattiniero buonumore neppure dopo essere rimasta drammaticamente vedova alcuni anni fa di un marito tanto burbero quanto all’apparenza (evidentemente sbagliata) invulnerabile e a cui volevano bene tutti.
A casa mia poi appena arrivo ricevo gli omaggi sinceri della giovane signora del secondo piano che ebbe a salvarmi la caldaia impazzita qualche natale orsono e che infatti mi dice “ciao” e quelli meno sinceri della perfida Cesca del quinto che infatti invece mi dice “buongiorno Avvocato”, e che nonostante sia stata a scrocco a casa mia per oltre 4 mesi con il marito quando dovette ristrutturare casa, ancora oggi mi chiede ogni volta il contributo per le pulizie delle scale che fa…(o almeno dice) lei, ma va bene così, detesterei stare in una casa dove non sanno chi sono.

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Fino a qualche tempo fa nella casa attaccata dal muro confinante ci abitava anche il mio amico Paolino della galleria Bugno ma ora lui si è trasferito in Toscana e mi ha lasciato in eredità la mitica signora Margherita che ad onta del nome è in realtà una gentilissima signora rumena che ogni tanto viene a pulirmi la casa e che è poi l’amica di quel signore egiziano che invece ogni tanto viene a rimettermela su, visto che l’umidità a pian terreno è tale che anche i muri ogni tot vanno come dire un po’…ripresi.
Nel campo dell’ospedale c’è il mitico Rosa Salva che piace tanto ai miei amici perché è facile arrivarci dopo il ponte Minich per la prima colazione, e a me pure ma ben mi guardo dal sedermi fuori visto che i prezzi sono da…fuori di testa, però è anche vero che quel campo è straordinario e che oltre alla facciata dell’ospedale che è poi la gloriosa scuola di san Marco e alla statua in bronzo del Colleoni è quello dal quale si possono programmare varie gite per zone meno note.
Dal lato destro si va verso la zona della superba chiesa di San Francesco della Vigna con il colonnato fuori ed il meraviglioso Bellini dentro oltre il chiostro è una delle cose più belle da vedere a Venezia, dal lato sinistro si va verso Canareggio e la chiesa dei miracoli dove era ambientato il film di Sordini, dopo aver superato la bellissima casa del papà del mio amico Gionata, e infine andando dritti si va verso la stupenda passeggiata di fondamenta nuove luogo da dove partono le barche per le isole.
Poi se voglio evadere dal mio quartiere ma continuare a sentirmi a casa mia, la sera mi trovo con il mio amico Giovanni che abita nel punto più bello di Canareggio, ovvero sulle fondamenta in zona Sant’Alvise e a cui devo la attuale permanenza della casa sommersa dalla tremenda ondata di due anni fa, e che mi porta dove sa lui magari con il “topine” (che è poi suo figlio Francesco) e Roberta, o vado da solo al cinema Giorgione agli apostoli o vado a mangiare con gli amici al mio adorato Zucca nel bellissimo campo San Giacomo dove il proprietario, che sa di somigliare un po’ a Rossi Stuart ma non per questo se la tira, ormai mi conosce e non mi fa mancare il suo storico flan, la sera mi piace andarci allo zucca perché così passo da Santa Croce che di notte è magica e poi posso concludere la serata nell’unico punto notturno vivo di Venezia ossia a Rialto (imparagonabile di sera rispetto al giorno) nella zona del Tribunale e del bancogiro dove sempre il Giovanni, alias il GS, racconta trovasse usbergo tra una scorribanda e l’altra il Casanova…una sera mi sono visto su uno schermo aperto in campo di uno dei tanti bar affollatissimi l’intera partita dell’Inter a scrocco dove a settembre è anche sede del festival di liberazione ex rifondazione che è una panacea ogni tanto frequentare dopo tanti lustrini borghesi della mostra del cinema.
Oppure proseguo oltre san Bartolo verso il meraviglioso Teatro Malibran e mi infilo nel ramo del remer oltre la fiaschetteria toscana per fumarmi nell’omonimo campiello una sigaretta in uno dei più bei punti aperti sul canale di Venezia affacciato a sinistra sul ponte di rialto illuminato, al centro sul mercato del pesce e a destra su ca Pesaro fronte Ca d’oro per poi prima di rientrare fermarmi a mangiare la mitica crepe alla nutella del negozietto verso la bissa.

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Domenica mattina dopo essermi spinto nella zona estrema di Castello dove c’è San Pietro e quindi la quiete dei giardini di sant’Elena  se non mi fermo a mangiare ai mitici Tosi nulla di meglio che tornare a San Bortolo dove superato il negozio Disney c’è il mio ristorante preferito ossia l’Antico Calice gestito da simpaticissimi fratelli che un tempo erano i proprietari della Botte dietro calle della bissa e che possono anche fari sognare con le tagliatelle alle capesante e pomodorini più buone del mondo.
Poi Venezia è tanto altro, ma per me la mia vera Venezia si gioca più o meno tutta lì, poco ? Credetemi per me è talmente bella che da tempo la considero un po’ la mia seconda casa, ed il bello è che ormai anche quel quartiere la pensa così di me, visto che anche tutti i commessi del celebre negozio di ferramenta Ratti dove si vende di tutto prima di arrivare in San Marco mi salutano ogni volta che mi incontrano lungo le calli della zona…
E io ? Quanti amici ho portato per questo quartiere del sestiere in questi quasi 15 anni ? Non lo so, tanti di sicuro e nessuno si è mai lamentato di Castello e per vedere San Marco aspettano la notte quando in giro per Venezia non c’è più quasi nessuno.