Da Bahia Blanca a Nairobi passando per Milano. Bruno Cerella ci racconta il suo viaggio tra basket e solidarietà

Oggi voglio raccontarvi una storia che parla di sport, viaggi, coraggio, passione e solidarietà. Voglio parlarvi della determinazione di un ragazzo e del suo sogno, di un’idea che con impegno e costanza si è trasformata in opportunità per tanti giovani meno fortunati di lui che vivono nelle baraccopoli all’ombra del Kilimanjaro e sotto il sole dell’equatore.
Per farlo però mi piace partire da molto lontano, precisamente dalla metà degli anni 90’, quando avevo circa 15 anni e 3 grandi passioni: Michael Jackson, viaggiare (che allora più che altro era un sogno nel cassetto da realizzare quanto prima) e i Chicago Bulls.
Una giovane ragazzina italiana che al sabato pomeriggio, sfogliando le pagine di Magic Basket, si sintonizzava su Telemontecarlo per seguire le spettacolari esibizioni (il basket americano ragazzi è prima di tutto un incredibile show!) di Michael Jordan e compagni commentate da Guido Bagatta e dal compianto Tullio Lauro.
In quei sabati al cardiopalma ho perso la voce e anche il sonno (visti gli orari improponibili in cui spesso mandavano in onda le partite e i servizi speciali NBA in Italia!!!) tifando davanti la tv i miei miti e ho esultato commossa quel famoso 14 giugno 1998 quando, a soli 5,2 secondi dalla fine della partita, MJ realizzava l’ultimo capolavoro della sua carriera sportiva: un meraviglioso tiro decisivo contro gli Utah Jazz di Karl Malone e John Stockton che valse ai tori di Chicago il titolo di campioni NBA.
Oggi non ascolto più il Re del pop, e il cassetto dei viaggi per mia fortuna l’ho aperto per trasformare davvero molti di quei sogni in splendide realtà. Non seguo più quel basket. Michael Jordan, Scottie Pippen, Dennis Rodman, Steve Kerr non calcano più i parquet dei palazzetti USA e l’NBA per me ormai è solo un vecchio ricordo, più o meno lontano nel tempo, di cui mi restano le registrazioni delle più belle partite in VHS e la mia collezione di card con tutti i giocatori di quell’ultima (per me!) grande stagione.

Canestro decisivo di MJ alla finale NBA contro gli Utah Jazz
“The last shot” _ Canestro decisivo di MJ nella finale NBA contro gli Utah Jazz

Oggi, da qualche anno a questa parte (strano il destino!), rispolvero quella vecchia passione sportiva tutti i week end insieme a mio marito (grandissimo appassionato di pallacanestro, felicemente sorpreso  quando la prima volta gli dissi che seguivo il basket anche io 🙂 ) sugli spalti del Forum di Assago, tifando la squadra della città che tre anni fa mi ha adottata: l’Olimpia Milano, orgoglio meneghino e talentuoso team di re Giorgio (Armani) che due stagioni fa ha conquistato il campionato nazionale riportando il titolo a Milano dopo ben 18 anni!
Io ero lì (insieme ad altri 10.000 tifosi) quando il capitano Alessandro Gentile ha alzato la coppa davanti ai suoi fan in delirio. Ero seduta lì durante tutte le partite precedenti quell’ultima grande impresa, catturata dalla bravura della formazione di quella stagione e dalle prodezze difensive di un giovane argentino di nome Bruno Cerella.

foto che ho scattato alla fine della partita della vittoria dell'Olimpia 2013-2014
Foto che ho scattato alla fine della partita della vittoria dell’Olimpia 2013-2014

So che molti di voi a questo punto del post si staranno chiedendo perché io, blogger di viaggi, stia raccontando un qualcosa che con i viaggi sembra avere ben poco a che fare! In realtà questo sport, se osservato con occhi più attenti, è in grado non solo di incendiare gli animi dei tifosi ma anche di arrivare lontano, grazie al coraggio di uno dei suoi campioni,  fin sull’altra sponda del Mediterraneo e oltre, nel cuore dell’Africa, per parlarci di questo incredibile continente e della sua gente, della vita quotidiana di piccoli villaggi e remote realtà all’interno del Kenya, attraverso la testimonianza di chi ha creduto che viaggiare non significasse solo partire, ma anche vivere e conoscere l’altro e l’altrove, per tornare più ricco di prima e desideroso di voler fare qualcosa per chi è meno fortunato di lui!

Bruno Cerella in campo con la maglia numero 7
Bruno Cerella in campo con la maglia numero 7

Sportivo, grande viaggiatore, coraggioso “operatore umanitario”, il numero 7 dell’Olimpia Milano, Bruno Cerella, con mio stupore (nemmeno troppo perché si dice essere un ragazzo di gran cuore e ancora alla mano nonostante la crescente popolarità!), ha accettato di raccontarmi del suo impegno in Africa, dei suoi viaggi, delle sue passioni e dei suoi progetti per il futuro.
Sembra di parlare al telefono con un vecchio amico. Per più di un’ora Il tono pacato e la piacevole inflessione latina, la chiarezza e la spontaneità, l’entusiasmo e l’apertura all’ascolto e al racconto, sono quelle di chi crede che diffondere (anche attraverso il mio semplice blog!) quanto di importante stia facendo la sua Associazione, valga molto di più del tirarsela un po’ 🙂 e che possa giovare non alla sua notorietà ma alla vita e alla formazione di tanti bambini e ragazzi costretti a vivere ai margini della società.
E’ fresco di “premio” Bruno! Lo scorso 21 Gennaio il sindaco Pisapia lo ha insignito forse del suo titolo più importante: “Sportivo più impegnato nel sociale” grazie all’operato svolto insieme alla sua onlus “Slums Dunk” da lui fondata insieme al collega e amico Tommaso Marino.
Mi congratulo ad inizio intervista e viene subito fuori l’umiltà di chi è consapevole che, dietro quel premio, c’è soprattutto l’incredibile impegno di un team di cui lui è (solo!!) “la faccia più visibile tra tutte le persone che ci lavorano: gli allenatori e i manager kenioti che portano avanti la basketball Academy di Nairobi. Questo premio è per tutti loro! Per i sostenitori e per i ragazzi kenioti che sono lì sul posto ogni giorno a compiere il vero sforzo.”

Premio "Sportivo più impegnato nel sociale" consegnato a Bruno dal Sindaco Pisapia
Premio “Sportivo più impegnato nel sociale” consegnato a Bruno dal Sindaco Pisapia

Mi racconta del lavoro degli operai che hanno costruito il campo, dei falegnami che hanno dato forma ai canestri, dei professori delle scuole, dei progettisti, del personale amministrativo qui in Italia, delle tante onlus partner. Non dimentica nessuno Bruno nella sua profonda riconoscenza verso chi ha dato vita al suo sogno!
Slums Dunk è una storpiatura del termine slam dunk (schiacciata) dove slum significa baraccopoli. Questa onlus è nata con lo scopo di migliorare le condizioni di vita dei bambini e dei giovani che vivono nella aree economicamente e socialmente degradate dell’Africa.
Nel 2014 Slums Dunk ha costruito il suo primo campo di pallacanestro nella baraccopoli di Mathare a Nairobi (Kenya). Qui si stima vivano 95.000 persone schiacciate in 1,5 kmq, il 50 % della popolazione è composta da giovani con meno di 18 anni che risiedono in condizioni d’isolamento, con accesso limitato a risorse primarie come acqua, elettricita’ e servizi igienici. In tutta la baraccopoli non ci sono altri campi di pallacanestro. L’Associazione ha attivato una scuola di minibasket che coinvolge 100 ragazzi garantendo loro il libero accesso al campo e supportandoli nell’educazione ai life skills in 10 scuole informali costituite con il coinvolgimento di circa 1000 ragazzi under 15. Oggi il sogno di Bruno e del team di Slums Dunk è quello di riuscire a replicare ed espandere le attività anche in altre zone degradate d’Africa.

Bruno con bambini 3

La realtà” come mi spiega meglio Bruno, “è che non sono solo progetti che si limitano al basket ma che vogliono anche educare i giovani attraverso lo sport. Azioni volte a creare condizioni base di vita, educazione e salute per vivere nel rispetto di regole e valori che possono toglierli dalla strada”. Bruno e Slums Dunk per realizzare tutto questo non sono da soli, negli anni (incredibilmente pochi per un progetto che è riuscito ad ottenere così grandi risultati!) hanno incontrato il favore e ottenuto la disponibilità di importanti partner come la onlus “World Friends” che scopro con piacere aver aiutato Cerella non solo oltre mare ma anche a Milano!
Fresco di partenza (lo scorso 25 gennaio) è il progetto “Es(t)portare – Educazione, Sport e Territorio”, iniziativa volta ad incentivare la riflessione e l’utilizzo dello sport come strumento di coesione sociale e come modello di vita sano e sicuro. Il territorio d’intervento è la città di Milano e la sua provincia nord orientale.
Insieme ad Altropallone Asd Onlus e World Friends Onlus realizzeremo molteplici attività socio-culturali-sportive in favore della cittadinanza, dei ragazzi e di altre organizzazioni pubbliche e private” aggiunge Bruno orgoglioso. Non solo Africa dunque nel suo impegno nel sociale! “nella sede ‘SportHello’, bene confiscato alla mafia gestito in Via Venini 34 a Milano, riqualificato e ristrutturato” prosegue Bruno “insegniamo anche gratuitamente l’italiano agli extracomunitari e presto ci sarà una libreria tematica Africa e Sport”.
Dopo queste belle novità però non posso che riportare la nostra piacevole chiacchierata sul suo primo vero “amore”: l’Africa e il progetto Slums Dunk.
Mi confessa che l’ispirazione è arrivata leggendo il libro “El despertar del Lider” di Kevin Cashman, la cui lettura gli ha dato la spinta di cui aveva bisogno nel momento in cui, a soli 22-23 anni, sentiva la necessità e la voglia di fare davvero qualcosa per il prossimo, quando ancora non aveva molto chiaro da dove partire ma sapeva di voler fare “un’esperienza di vita attraverso lo sport, portando un contributo concreto a delle realtà in difficoltà in zone degradate dell’Africa e provando a conoscere davvero una cultura attraverso lo sport. Per me è stato anche un modo di ripagare lo sport di ciò che ha dato alla mia vita”.
Quando mi parla del coraggio di fare il primo passo, dell’importanza di seguire ciò che dice il cuore, sembra tutto così facile, così naturale, davvero ho la sensazione che se ora io decidessi di mettere in piedi qualcosa del genere potrei farcela. Ma lui, come me, sa che senza il coraggio di provare, di mettersi in gioco (non solo su un campo di basket!) e senza determinazione e duro lavoro, progetti ambiziosi come questo non troverebbero mai la luce. E diamine se lo sforzo sta dando i suoi frutti! Ad oggi in Kenya è presente la prima Basketball Academy, che resta il punto di riferimento delle attività dell’organizzazione, ma è già pronto il progetto per avviare la seconda Academy, sempre in Kenya, a Kisumu, vicino il lago Vittoria nei pressi del confine con l’Uganda. Il futuro sembra promettere anche l’estensione delle attività in paesi ancora più lontani. Mi spiega che molte organizzazioni che si occupano di educazione allo sviluppo e alla salute, stanno chiedendo l’avvio di questo esperimento sportivo anche altrove. Con l’arrivo dell’estate e la pausa dall’impegno con l’Olimpia, Bruno andrà personalmente a visitare i luoghi che potrebbero essere scelti per accogliere il team di Slums Dunk. Con lui, a verificare le condizioni di questi paesi, saranno presenti gli allenatori Michele Carrea e Giuseppe Di Paolo e ovviamente l’amico di sempre Tommaso Marino.

Bruno e il team di Slums Dunk

Slums Dunk 2015 Monze - Zambia Foto: Simone Raso
Slums Dunk 2015
Monze – Zambia
Foto: Simone Raso

Mentre mi racconta del suo impegno umanitario, con la stessa passione con cui lo si vede scendere in campo ad ogni partita, sono tante le domande che mi vengono in mente. Tante quelle che ho preparato e che lui stesso precede nella risposta con il calmo fluire della sua voce. Tante quelle che vorrei fare ma a cui devo rinunciare se non voglio tenerlo al telefono fino all’alba. Perché Bruno è così, spontaneo e gentile, disponibile e loquace, incapace di interrompersi o interrompermi quando si parla della sua “creatura” africana ed è così che con fierezza, alla mia domanda “Qual è stato il più grande risultato raggiunto attraverso l’impegno con Slums Dunk?” mi risponde che “più che un risultato raggiunto, si tratta di un punto di partenza: l’essere riusciti a costruire la basketball academy nel luogo in cui desideravamo. Un posto che oggi è un punto di riferimento in una baraccopoli di 100.000 abitanti, con 12/14 scuole con cui lavoriamo ogni giorno, coinvolgendo nelle attività sportive e non solo, 140 bambini di cui il 50% sono bambine. Le attività che svolgiamo non si limitano ad insegnare a fare canestro ma comprendono anche attività di educazione ai life skills che forniscono le conoscenze base per migliorare le loro condizioni di vita: dall’incontro con un dentista a quello con un nutrizionista, un ginecologo un igienista….”

Il coinvolgimento umano ed emotivo di un simile impegno trapela da ogni parola. Ormai è forte il legame tra Bruno ed il suo Kenya. Una grande famiglia al di là dell’equatore la sua con cui, grazie agli strumenti di comunicazione di oggi (sms, whatsapp, mail, social network) arrivati fino lì, riesce a mantenere un rapporto quotidiano e costante fatto di messaggini e foto 🙂 …. Eh sì perché da un viaggio in Kenya, come quello  che ho fatto anche io un paio di anni fa e di cui vi parlerò presto nel blog, ti porti a casa il ricordo di un paese povero ma dignitoso, di bimbi scalzi e con pochi giochi ma con sorrisi capaci di illuminare una stanza senza elettricità, di una terra rossa popolata di giraffe ed elefanti che sembrano non accorgersi di te quando entri nel loro habitat per vivere il tuo safari, di un mare turchese e delle sue maree, di una arretratezza a volte estrema ma dove tutti, giovani e non, incredibilmente come qui in occidente, stringono tra le mani un cellulare! 🙂  La velocità con cui qui è arrivata la tecnologia il più delle volte ha superato quella con cui sono giunti gli aiuti umanitari. Un paese arretrato ma “moderno” in cui questa modernità consente a Bruno di seguire i tornei delle sue squadre anche da lontano!

Slums Dunk 2015

1389555_578365498913861_970944111_n

Ma come si svolge una giornata tipo di Bruno e dei suoi collaboratori all’interno dell’Academy?
Ci si sveglia al mattino presto, si prende un “mezzo” (non meglio identificato :-D) che dall’alloggio (dietro l’ospedale di World Friends) in breve tempo ci porta nella baraccopoli. Qui si incontrano subito gli allenatori a cui si fanno corsi di aggiornamento e con cui scambiamo consigli ed idee e poi dall’aula si passa al lavoro sul campo, allenandosi in attesa dell’arrivo dei bambini al pomeriggio” mi svela Bruno. Tutto è ben organizzato e strutturato perché la preparazione atletica passa anche attraverso la preparazione mentale che implica “disciplina e rispetto delle regole e dei compagni. L’allenamento diventa il teatro di discussione sull’operato e su cosa si può fare per migliorarsi e migliorare la scuola”. Si formano così piccoli sportivi e grandi uomini che, tolti alla strada, potranno scegliere in maniera più consapevole il proprio futuro. “Ci sono bambini di età compresa tra i 7 e i 13 anni. La voce si è sparsa e tutti vogliono entrare a far parte delle squadre di Slums Dunk”!

 

La conversazione dopo mezz’ora prosegue sempre con lo stesso entusiasmo e con la naturalezza a cui ormai in questi minuti mi sono piacevolmente abituata, la stessa spontaneità con cui Bruno per un attimo si interrompe per mettersi le cuffie e parlare più comodamente 🙂

Ma chi è davvero Bruno Cerella? Da dove viene e quali sono le altre sue passioni oltre alla pallacanestro e l’impegno con la sua Onlus?
Lo seguo sui suoi profili social e tra le tante foto con i piccoli kenioti sul campo di Mathare e le immagini che ritraggono le sue prodezze sportive sui campi di gioco di tutta Italia, ce ne sono anche tante altre in giro per il mondo, perché Bruno come vi ho detto subito è un viaggiatore. Di quei viaggiatori che piacciono a me :-), che partono curiosi verso terre lontane con un piccolo bagaglio e grandi occhi pronti a riempirsi di meraviglia difronte allo spettacolo della natura negli angoli più remoti della terra e del mare! Sì perché Bruno ama le profondità oceaniche e la vita che le popola, da lui sempre immortalata con la sua fedele macchina fotografica.

Fisico e cuore sono latini. Argentino di Bahia Blanca vive in Italia dal 2004 e a Milano da 3 anni. L’ha girato tanto il nostro Bel Paese (Taranto, Salerno, Potenza, Varese ….) e per lui ormai è diventata casa. Ama vivere qui ma come me che ho lasciato l’azzurro del cielo di Roma, soffre un po’ la mancanza del sole 🙂
Il cognome svela le sue origini italiane. Il nonno era di Pescara e la nonna di Napoli e proprio il nonno a 14 anni gli regala il passaporto italiano preannunciando già il suo destino. Dell’Argentina ovviamente gli mancano le radici, gli amici, la famiglia ma la sua vita oggi è qui e a chi meglio di lui posso chiedere cosa consiglierebbe di non perdere ad un turista che decida di organizzare un bel viaggio nella sua patria?? Lui, da amante della natura, pensa subito alla “Terra del Fuoco e alle sue bellezze, alle cascate di Iguazu, all’energica Buenos Aires e poi al nord ovest del paese, al confine con il Cile”. Una zona remota costituita da altipiani vicino la Bolivia, con paesaggi mozzafiato e percorsi suggestivi come quelli attraversati dal “Tren de las nubes” una delle tre più alte ferrovie al mondo che, passando tra le montagne vertiginose della Cordigliera delle Ande, raggiunge paesaggi spettacolari a più di 4.000 metri sul livello del mare. Per la sua alta quota spesso si possono vedere nuvole sotto i ponti o sui pendii. E poi ovviamente il suo amato mare dove osservare da vicino le orche e le balene a Punta Piramides in Patagonia.
La natura è la protagonista indiscussa delle sue storie di viaggio e il soggetto preferito dei suoi scatti…così mi viene facile immaginare la sua risposta alla mia domanda: “Qual è la fotografia più bella che hai scattato?” “Sono tutte quelle fatte in Africa durante i safari, o in mezzo alla giungla con i Gorilla o nel mare con gli squali!” mi racconta Bruno, con il velo di nostalgia di chi ha vissuto ogni singolo viaggio con l’anima e il cuore e sente sempre la mancanza di ciò che ha avuto la fortuna di vedere. “L’incontro con i gorilla in Uganda è stata un’esperienza incredibile. Uno dei mie viaggi più belli. Ricordo che su 800 km fatti per arrivare fino alla “Impenetrable Forest” di Bwindi, 500 li ho fatti in piedi con la testa fuori dal tettuccio della macchina per guardare il paesaggio circostante e gli animali” “E l’immersione più bella?” La memoria lo riporta a Sipadan nel Borneo Malese e poi a Walea in Indonesia che mi racconta essere ancora un luogo sconosciuto ai turisti, riservato ai subacquei più esperti che ha raggiunto dopo aver preso ben 3 aerei e viaggiato 2 ore in macchina e poi altrettante in barca. Mi rapisce il suo racconto di Walea e così metto già nella mia virtuale lista dei travel dreams del futuro questa terra remota in mezzo al mare nel nord del Sulawesi.
Tra i suoi prossimi sogni di viaggio invece ci sono ancora luoghi dove poter fare immersioni: la Papua Indonesiana e l’arcipelago di Palau.

Bwindi Impenetrable National Park (Uganda)
Bwindi Impenetrable National Park _ Uganda

uganda

Sipadan _ Malesia
Sipadan _ Malesia

Mi chiedo cosa porti Bruno con sé nella valigia durante questi suoi bellissimi viaggi e, come immaginavo, mi dice che ha sempre solo l’essenziale che per lui include: un buon libro, la macchina fotografica e l’attrezzatura da sub (c’è pure lo spazzolino volendo 😀 ma per vestirsi compra tutto sul posto!). E chi è con lui a condividere le emozioni e l’adrenalina di tanto viaggiare? Mi dice che “per ogni viaggio c’è un compagno perfetto. Tutto dipende dal tipo di viaggio. Per i viaggi “wild” in posti estremi sicuramente Simone Raso, fotografo di Slums Dunk, e Federico Capelli responsabile della gestione dei social media della Onlus, un matto scatenato che fa cose incredibili e imprevedibili” scherza Bruno 🙂 e mi racconta che proprio con loro due ha trascorso il suo ultimo compleanno alle cascate Vittoria prima di prendere il volo per andare a vedere i gorilla in Uganda. Sorridendo mi confessa di aver fatto rafting nel fiume Zambesi e di essere stato risucchiato per 12 secondi nelle profondità del fiume…non so se crederci 😀 ma ci sono le prove lasciate ai posteri dalla sua fedele Go Pro 😉

Rafting nel fiume Zambesi
Rafting nel fiume Zambesi
Victoria Falls

Il tempo scorre veloce e si è fatta quasi ora di cena, non vorrei essere la causa del digiuno di Bruno 😀 che da perfetto atleta deve nutrirsi diligentemente. Mi concedo i minuti di un’ultima banale domanda la cui risposta però mi sorprende. “Cosa farai da “grande”? quando l’età ed il fisico non ti consentiranno più di giocare?” …sorride e scherza al pensiero di immaginarsi vecchio “hierba mala nunca muere” mi sussurra con il suo inconfondibile accento argentino “l’erba cattiva non muore mai. Mi piacerebbe continuare con il mio impegno nel sociale per lasciare qualcosa ai posteri, un insegnamento, un segno nel mondo. Non mi immagino ad allenare una squadra di basket ma a fare qualcos’altro magari nel marketing!” e io Bruno ti auguro di fare davvero dell’altro se questo sarà ciò che desideri, e sono certa che succederà perché sai perseguire i tuoi sogni e raggiungere i tuoi obiettivi. In quanto al segno nel mondo, posso dirti che lo stai già lasciando, nel cuore dei tuoi tifosi e in quello dei tanti bambini che hai tolto alla strada.

Il mio grazie per il tempo dedicato voglio renderglielo invitandovi tutti a riempire il forum di Assago questa sera (mercoledì 3 Febbraio 2016). Parte dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti per assistere alla partita che si giocherà tra Olimpia Milano e Alba Berlin sarà devoluta alla Associazione Slums Dunk. Io ci sarò a fare il tifo per Bruno e la sua Olimpia e per tutti i bimbi di Mathare e Kisumu!

slums dunk 3 Febbraio

 

Lascia un commento